Se Non Corrispondere l’Assegno di Mantenimento al Figlio è Reato

A seguito della sentenza  di divorzio o di separazione, il Giudice dispone a carico del genitore non affidatario (il più delle volte il padre) l’obbligo di corrispondere un assegno a titolo di contributo al mantenimento dei figli minorenni (o maggiorenni se non indipendenti economicamente) la cui somma varia a seconda dei redditi e della situazione economica del genitore obbligato.

A tale obbligo, si sa, il genitore obbligato non può sottrarsi, a meno che, a seguito di nuovi e particolari eventi che hanno mutato radicalmente la sua vita, presenti istanza di modifica delle condizioni di separazione o divorzio, con conseguente richiesta di modifica dell’importo dell’assegno.

Ma in quali casi l’inadempimento del genitore obbligato può ritenersi giustificato?

Il mero stato di disoccupazione in cui può trovarsi il coniuge obbligato – seppure documentato – non può giustificare in alcun modo, come più volte sostenuto dalla Corte di Cassazione, la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento, men che meno se viene riconosciuto in capo al genitore un profilo di colpa, per esempio laddove lo stesso rassegni le proprie dimissioni, senza che queste appaiano inevitabili o obbligate.

A tal proposito l’orientamento degli Ermellini si rivela essere cristallino, concorde e piuttosto rigido volto, senza dubbio a proteggere e tutelare il minore e a garantire allo stesso i mezzi di sussistenza.

I Giudici di Piazza Cavour, infatti, rammentando che per i genitori separati che non adempiono l’obbligo di mantenimento a favore dei figli sono previste sanzioni penali ai sensi dell’art. 570 c.p., nella recente sentenza n. 12308 del 14.03.2014 hanno dichiarato che per giustificare l’inadempimento dal punto di vista penale e non commettere reato, è necessario provare di essere praticamente sul lastrico, di non possedere disponibilità finanziarie e patrimoniali (esempio immobili, titoli, conti correnti), e qualunque altra fonte di reddito.

È il caso di un genitore – padre separato, imprenditore il quale era stato condannato in sede penale a seguito del mancato versamento della somma di € 500,00 a titolo di mantenimento del figlio minorenne non avendo dimostrato di essere in una grave situazione economica, bensì in una mera difficoltà e potendo comunque provvedere al mantenimento, godendo di altre disponibilità finanziarie.

La Corte, infine, ribadisce che una cosa è attenuare la pena in ragione di una accertata, anche se non definitiva, difficoltà di adempimento; altra è l’erronea equiparazione di tale situazione di difficoltà con la assoluta impossibilità di adempiere all’obbligo di mantenimento del minore.

Caso diverso è quello in cui il genitore separato non riesce più a provvedere al mantenimento del figlio per ragioni di salute che gli impediscono di lavorare, come nel caso di un padre che sottoposto a chemioterapia.