L’obbligo di indossare i dispositivi di sicurezza una volta saliti su un’autovettura grava su tutti i soggetti presenti all’interno dell’abitacolo, senza esclusione alcuna.
Così, nonostante nella realtà quotidiana ciò avvenga molto di rado, anche il terzo trasportato – il soggetto più fragile e più incline a riportare gravissimi traumi e lesioni, spesso anche mortali – dovrà allacciare le cinture di sicurezza.
Laddove tale obbligo non venisse rispettato, può succedere che, in caso di una causa giudiziale promossa per ottenere il risarcimento dei danni subiti, il Giudice riconosca in capo al terzo trasportato un concorso di colpa, nella misura che, a seconda del caso, riterrà idonea ed equa, con conseguente riduzione del risarcimento.
Infatti, con sentenza n. 126 del 08.01.2016, la Corte di Cassazione ha confermato il concorso di colpa nella misura del 30% ad una donna terza trasportata, vittima di un grave incidente stradale, proprio perché sprovvista delle cinture di sicurezza.
Ovviamente, tengono a precisare gli Ermellini, chiarire se al momento del sinistro la vittima avesse indossato o meno le cinture di sicurezza e valutare se tale omissione possa ritenersi concausa de sinistro medesimo, costituiscono accertamenti di fatto (tramite, per esempio valutazioni peritali) e non semplici e mere valutazioni di diritto.
A tal proposito, i Giudici della Suprema Corte hanno ovviamente evidenziato che la ricostruzione dei fatti operata dai tecnici può essere naturalmente disattesa da eventuali prove contrarie fornite dall’infortunato o da prove testimoniali che, tuttavia, possono essere sempre poste al vaglio del Giudice il quale può, alla luce del proprio prudente apprezzamento, ritenerle poco attendibili.
La pronuncia dei Giudici della Cassazione ha riconosciuto poi pienamente legittima la scelta del Giudice di secondo grado di utilizzare, per il risarcimento del danno alla salute, criteri diversi da quelli previsti dalle Tabelle di Milano.
Infatti, nonostante queste Tabelle vengano, da tempo, assunte quale parametro idoneo per attestare la conformità della valutazione del danno, non può comportare motivo sufficiente per ricorrere in Cassazione, l’aver utilizzato criteri differenti.