Allontanamento da casa del coniuge: viola l’obbligo di convivenza?

Allontanamento da casa del coniuge: viola l’obbligo di convivenza?

Allontanamento da casa del coniuge: La Cassazione, con recente ordinanza n. 1785/2021, ha sancito il principio secondo cui spetta al coniuge che si allontana da casa dimostrare di avere una giusta causa per violare l’obbligo di convivenza derivante dal matrimonio.

Sul punto, non ha rilevanza alcuna che chi si allontana dalla casa familiare si adoperi in seguito al fine di mantenere un rapporto con i figli, con l’obiettivo di escludere l’irreversibilità dell’abbandono.

Allontanamento da casa del coniuge: da quale vicenda trae origine la pronuncia della Cassazione? La succitata ordinanza emessa dalla Suprema Corte trae origine da una recente vicenda in cui il Giudice di primo grado aveva stabilito l’addebito della separazione coniugale a carico della moglie, in conseguenza dell’allontanamento della stessa dalla casa familiare, rigettandone così le domande di natura economica.

Alla stessa conclusione è giunta la Corte d’Appello, a seguito dell’opposizione presentata dalla moglie.

In particolare, la moglie, ricorrendo in Cassazione, sollevava i seguenti motivi:

  • La Corte d’Appello le aveva addebitato la separazione in violazione del principio affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 25996/2016, secondo il quale: il coniuge che chiede l’addebito è tenuto a provare il nesso di causa tra la violazione del dovere di convivenza e la intollerabilità della convivenza, spettando all’altro coniuge dimostrare la giusta causa.
  • Con il secondo motivo la moglie lamentava il mancato esame di un fatto decisivo: cioè il mancato accertamento della irreversibilità della condotta della donna e quindi della corretta qualificazione della stessa come “abbandono”, considerato il successivo adoperarsi per mantenere il rapporto con i figli, lasciando loro il suo recapito telefonico.

La Cassazione ha ritenuto fondato e meritevole di accoglimento unicamente il terzo punto, rigettando invece il primo ed il secondo poiché inammissibili.

Nello specifico, la Suprema Corte ha precisato che “per costante indirizzo di legittimità, il volontario abbandono del domicilio familiare da parte di uno dei coniugi, costituendo violazione del dovere di convivenza, è di per se sufficiente a giustificare l’addebito della separazione personale, a meno che non risulti provato che esso è determinato dal comportamento dell’altro coniuge o sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile ed in conseguenza di tale fatto.

Dunque, nel giudizio di separazione, chi chiede l’addebito deve provare l’allontanamento dal domicilio dell’altro coniuge e quest’ultimo invece deve provare che l’allontanamento si è verificato a causa della intollerabilità della convivenza.

Nel caso in cui l’allontanamento del coniuge non è fondato su una giusta causa, l’altro coniuge richiedente l’addebito non deve provare il nesso tra l’allontanamento e l’intollerabilità della convivenza, in quanto tale nesso deve essere dimostrato dal coniuge che si allontana.

La giusta causa, nel caso di allontanamento, può essere frutto sia di un accordo tra le parti che di un comportamento negativo dell’altro coniuge.

Anche la stessa lettera inviata dall’avvocato all’altro coniuge manifesta l’inizio della crisi matrimoniale e giustifica di per sé l’allontanamento.

Ovviamente, in casi del genere, l’aver mantenuto un contatto con i figli non ha alcuna rilevanza ai fini dell’irreversibilità dell’abbandono.

In conclusione, spetta al coniuge che si allontana da casa dimostrare di avere una giusta causa per violare l’obbligo di convivenza derivante dal matrimonio.