Contratto preliminare e prezzo simulato

Il “mattone” inteso come “la casa” è e rimarrà sempre un investimento per se stessi e per i propri figli: ecco perché anche nei periodi di crisi – soprattutto nei periodi di crisi – è opportuno investire nell’acquisto di immobili.

Il primo passo per procedere alla compravendita di un immobile è certamente la stipula del cosiddetto preliminare” di vendita, un vero e proprio contratto con il quale le Parti (venditore e acquirente) si impegnano, meglio dire si obbligano giuridicamente tra loro, per iscritto a pena di nullità (il contratto nullo è invalido e non produce alcun effetto), ad alienare e ad acquistare l’immobile.

Ciò significa che le parti del contratto, e più precisamente il promittente venditore, proprietario dell’immobile che intende alienarlo, e il promittente acquirente, che intende quindi acquistare, assumono l’impegno o l’obbligo, rispettivamente, di vendere e acquistare la casa, impegnandosi alla stipula del nuovo contratto definitivo di compravendita, la cui data è preferibile inserirla nel preliminare medesimo, con il quale solo in quel momento avverrà il trasferimento di proprietà, ovvero l’acquirente diventerà proprietario dell’immobile.

Tuttavia, se il preliminare non include – con chiarezza inequivocabile – ogni minimo elemento e non è redatto in modo adeguato e il più possibile esaustivo, si sollevano diverse problematiche o addirittura controversie giudiziali relative al rifiuto – per vari motivi – di una delle Parti alla stipula del contratto definitivo o alla simulazione del prezzo dell’immobile (le Parti tra loro intendono e pattuiscono un prezzo, ma nel contratto ne stabiliscono un altro).

Per quanto riguarda il rifiuto di una Parte alla stipula del definitivo, l’altra può invocare l’art. 2932 c.c. rubricato “Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto” che concede alla parte adempiente e che intende vedersi trasferita la proprietà del bene la possibilità di ottenere una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto non concluso. Se la parte, che non è inadempiente, non è,  invece, interessata all’azione per l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto, potrà pur sempre agire per la risoluzione del contratto e per il risarcimento dei danni da inadempimento.

Il Legislatore, con l’art. 1385 c.c. ha messo a disposizione delle Parti la caparra confirmatoria secondo la quale, se la Parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto trattenendo la somma ricevuta a titolo di caparra; se, invece, è inadempiente la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della somma versata.

Limitatamente alle controversie legate al prezzo, recentemente gli Ermellini sono intervenuti in un operazione immobiliare risalente al lontano 1990 (quando ancora il fenomeno della simulazione del prezzo di vendita per risparmiare la tassa di imposta non incontrava ostacoli legislativi come, giustamente, oggi), in cui il promittente venditore asseriva che il reale prezzo convenuto fosse superiore a quello indicato in contratto e pertanto, il promissario acquirente aveva agito in giudizio ai sensi del suddetto articolo 2932 c.c. per vedersi trasferita la proprietà del bene, asserendo di non essere tenuto a versare altre somme rispetto a quelle già indicate nel contratto preliminare.

Il venditore, dall’altra parte, sosteneva che il preliminare doveva ritenersi risolto  per inadempimento del promissario acquirente, non avendo questi adempiuto all’obbligo di pagare somme dovute ancorché non indicate in contratto.

Sia il Giudice di primo grado di Verona che quello d’Appello veneziano avevano confermato la tesi del promissario venditore, dichiarando l’inadempimento del promissario compratore: a sostegno di tale giudizio era stata la prova testimoniale della consegna da parte del promissario acquirente al promissario venditore di un assegno bancario – rivelatosi poi emesso in assenza di disponibilità contabile – proprio a saldo della parte di prezzo non indicato nel preliminare.

In presenza di tale simulazione del prezzo, la Suprema Corte è stata sottoposta al seguente interrogativo: può la simulazione di un contratto a forma vincolata come il preliminare di vendita essere provata a mezzo testimoni?

Premesso che ai sensi dell’art. 1417 c.c. per il terzo (soggetto estraneo alle Prati contrattuali) non vi sono mai preclusioni probatorie, per le Parti dell’accordo, invece, l’assenza di preclusioni ricorre solo ove si tratti di prova volta a dimostrare l’illecità del contratto dissimulato: ne deriva così che in tutti gli altri casi vale l’art. 2722 c.c.  per cui “ la prova per testimoni non è ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento”.

Così, per i Giudici del Palazzaccio non esistono dubbi: con sentenza n. 3234 del 18.02.2015 hanno statuito che” la giurisprudenza di legittimità si è oramai stabilmente orientata nel senso che la pattuizione con cui le Parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto u prezzo diverso da quello indicato nell’atto scritto, soggiace tra le stesse parti, limitazioni della prova testimoniale stabilite dall’art.2722 c.c., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto”. Pertanto, la prova testimoniale in ordine alla simulazione del prezzo non può ritenersi ammissibile!

Un consiglio: nella redazione di un contratto preliminare siate molto scrupolosi e puntuali o fatevi assistere da un legale!