Divorzio nuova convivenza: La nuova convivenza mette a rischio l’assegno divorzile?

Divorzio nuova convivenza: La nuova convivenza mette a rischio l’assegno divorzile?

Divorzio nuova convivenza: La Corte di Cassazione attraverso la sentenza n. 4768/2018 si è pronunciata in materia di assegno divorzile a seguito di nuova convivenza dell’ex coniuge beneficiario.

La Cassazione, si è pronunciata a seguito del ricorso presentato da un ex marito, che si era visto condannare dalla Corte di Appello al versamento di un assegno divorzile nei confronti della ex moglie, determinato in 800 euro mensili.

In primo grado il Tribunale, investito della cessazione degli effetti civile del matrimonio contratti tra le parti, aveva dichiarato inammissibile la domanda relativa all’assegno, in quanto proposta tardivamente.

Il giudice a quo, a tanto nominato, ha invece ritenuto che l’assegno potesse essere riconosciuto, oltre che modificato, in presenza di giustificati motivi sopravvenuti.

Nel caso in esame, i giustificati motivi sopravvenuti, sono stati rinvenuti nell’avanzare dell’età dell’ex, situazione che avrebbe pregiudicato le possibilità di trovare un occupazione, nonché nella cessazione dell’assegno di separazione, dovuto in seguito alla pronuncia di divorzio.

In sede di Appello, si era poi rilevato una forte disparità reddituale tra le parti in favore del marito, ove dagli atti di causa si evinceva che, il matrimonio tra i due ex coniugi era durato ben trent’anni e che la moglie nel durante, aveva svolto esclusivamente l’attività di casalinga, non percepiva nessuna pensione e non svolgeva attività lavorativa.

In disaccordo sulla pronuncia emessa in sede di Appello, l’ex marito ha proposto ricorso per Cassazione, eccependo che la domanda della ex moglie sull’assegno, doveva essere dichiarata improcedibile o inammissibile in mancanza della prova del passaggio in giudicato della pronuncia di cui si è chiesta la modifica.

Esprimendosi sul punto, la Cassazione, ai sensi della L. n. 898/1970, art. 9 (come modificato dalla L. n. 436/1978, art. 2 e dalla L.74/1987, art. 13, ha stabilito che le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata rebus sic stantibus, rimanendo però suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all’affidamento dei figli in relazione alla sopravvivenza di fatti nuovi.

Secondo tale assunto, la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile.

La Suprema Corte, ha invece ritenuto meritevole di accoglimento il motivo con cui l’uomo lamenta che il giudice a quo non si sia pronunciato sulla richiesta di prova testimoniale, tempestivamente formulata davanti al giudice del reclamo, avente ad oggetto la dimostrazione di una convivenza more uxorio tra la moglie e un altro uomo.

Infatti, la valutazione della Corte territoriale, che ha ritenuto non raggiunta la prova dell’esistenza di una convivenza avente i contenuti di stabilità e continuità necessari per configurare una famiglia di fatto, ha omesso di valutare i capitoli di prova articolati dal ricorrente e incidenti sul deficit probatorio posto a base della decisione.

Su tale punto dovrà quindi pronunciarsi il giudice del rinvio.

Ove, in caso venga rinvenuta esistente una convivenza more uxorio  stabile e continua tale da configurare una famiglia di fatto tra l’ex moglie e un altro uomo, potrà essere messo in dubbio il riconoscimento alla stessa della corresponsione dell’assegno divorzile.