I Sopravvenuti Oneri famigliari Giustificano la Revisione dell’Assegno Divorzile?

È comprensibile e sano che, a seguito della fine di un matrimonio (o di una convivenza), dopo un iniziale momento di smarrimento e di dolore profondo, uno o entrambi i coniugi ricostruiscano la propria vita a fianco di un altro uomo o di un’altra donna.

 

Cosa succede però, economicamente e giuridicamente, se anche il secondo matrimonio purtroppo naufraga? Come incide la crisi della seconda unione sull’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento posto a carico del coniuge più facoltoso? È  possibile chiedere la revoca dell’assegno di mantenimento disposto a favore della prima moglie o il poveretto è obbligato a corrispondere ben due assegni?

 

Recentemente, un uomo facoltoso obbligato a corrispondere alla moglie e ai figli un assegno a titolo di mantenimento in forza della sentenza di divorzio congiunto, aveva presentato istanza di modifica delle condizioni di divorzio, a causa del peggioramento delle proprie condizioni economiche derivanti dal fallimento del secondo matrimonio e dalla sentenza di separazione che lo obbligava a corrispondere anche alla seconda moglie l’assegno di mantenimento di € 600,00.

 

L’uomo fondava il proprio ricorso sul fatto che i figli avuti dal primo matrimonio erano oramai maggiorenni e avevano raggiunto la tanto sperata indipendenza economica, oltre che sul presunto miglioramento delle condizioni economiche della prima moglie la quale percepiva dall’INPS un assegno di invalidità di quasi € 400,00.

 

Orbene, per quanto riguarda la richiesta di modifica o revoca dell’assegno divorzile di mantenimento, l’articolo 9 della Legge 898 del 1970 dispone che qualora sopravvengono giustificati motivi“, il Tribunale può disporre la revisione delle condizioni relative alla prole e/o alla misura ed alle modalità dei contributi.

 

Come si è pronunciata negli anni, in tema di assegno divorzile, la giurisprudenza?

 

Si deve premettere che i Giudici di Piazza Cavour sono inclini a sostenere che “quando il coniuge divorziato si sia formato una nuova famiglia, nei cui confronti è pur sempre legato da impegni riconosciuti dalla legge, occorre temperare la misura dell’assegno di divorzio a favore dei membri della prima famiglia nei limiti in cui, questo temperamento, non si risolva in una situazione deteriore rispetto a quella goduta dai componenti della seconda famiglia (Cass., 12 ottobre 2006 n. 219119).

 

 

 

 

La Suprema Corte ha poi precisato che “ove a sostegno della richiesta di revisione nel senso della dimensione o soppressione dell’assegno di divorzio, siano allegati sopravvenuti oneri familiari, il Giudice deve verificare se detta sopravvenienza determini un effettivo depauperamento delle sue sostanze, facendo carico all’istante, in vista di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti, di offrire un esauriente quadro in ordine alle proprie condizioni economico-patrimoniali” (Cass., 23 agosto 2006, n. 18367).

 

È pertanto necessario che il Giudice compia una valutazione comparativa della situazione economica di entrambe le parti, da appurare alla stregua del criterio assistenziale, tanto che “nella particolare ipotesi in cui il motivo di revisione conduca  ad una revoca dell’assegno divorzileè indispensabile procedere, poi, al rigoroso accertamento dell’effettività dei predetti mutamenti e verificare l’esistenza di un nesso di causalità tra essi e la nuova situazione patrimoniale conseguentemente instauratasi, onde dedurne, con motivato convincimento che l’ex coniuge titolare dell’emolumento abbia acquisito la disponibilità di mezzi idonei a conservargli un tenore di vita analogo a quello condotto in costanza di matrimonio o che le condizioni economiche del coniuge obbligato si siano a tal punto deteriorate da rendere insostenibile l’onere posto a suo carico.

 

In sede di revisione, pertanto il Giudice non può mai procedere a una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell’attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto” (Cass., Sez. I, 3 gennaio 2008, n. 6).

 

E quindi per giustificare un adeguamento dell’assegno di mantenimento è necessario che il mutamento sia di entità tale da modificare sostanzialmente le condizioni valutate dal giudice all’atto della pronuncia del divorzio.

 

Nel fatto concreto, la sopraggiunta autosufficienza economica dei figli, ormai adulti, non contestata da nessuna delle parti, imponeva la revoca del contributo economico per il loro mantenimento.

 

Considerato  poi che l’ex moglie aveva contribuito al patrimonio familiare in termini di  menage casalingo, occupandosi della casa e della crescita dei quattro figli, l’uomo risultava l’unico percettore di trattamento previdenziale in virtù della contribuzione versata in ragione del proprio lavoro, atteso che la sopravvenuta pensione della donna veniva versata esclusivamente a fini clinici.

 

Nonostante l’uomo avesse subito un deterioramento patrimoniale a causa del naufragio del suo secondo matrimonio, non poteva essere legittimato a chiedere la revoca dell’assegno divorzile, tanto più che la sentenza di separazione aveva pronunciato l’addebito a carico del marito, ritenendolo responsabile per il fallimento della relazione coniugale.

 

Per tali ragioni, il Giudice, a parziale modifica delle statuizioni della sentenza di divorzio, revocava il disposto contributo economico per il mantenimento dei figli, lasciando in ogni caso a carico dell’ex marito la corresponsione della somma di Euro 135,94 a titolo di assegno perequativo divorzile ex art. 5, comma 6, della l. 898/1970 (c.d. legge sul divorzio) in favore dell’ex coniuge.

 

La funzione dell’assegno divorzile è sempre più chiara e cristallina: quella di assistere, di assicurare al coniuge più debole un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, circostanza che non può essere trascurata solo perché il soggetto obbligato si ritrovi onerato di ulteriori oneri familiari.

 

Ciò significa che, in sede di revisione, il giudice dovrà esclusivamente limitarsi a verificare se e in che misura le eventuali circostanze sopravvenute abbiano modificato l’equilibrio delle  situazioni economiche tra ex coniugi, solo un’eventuale sperequazione porterà alla modifica o alla revoca dell’assegno di cui all’art. 5, comma 6, della legge sul divorzio.