L’INTIMAZIONE DI SFRATTO DISDETTA: L’intimazione di sfratto assume valore di una normale disdetta del contratto

L’INTIMAZIONE DI SFRATTO DISDETTA: L’intimazione di sfratto assume valore di una normale disdetta del contratto

L’INTIMAZIONE DI SFRATTO DISDETTA: Attraverso la sentenza in commento, emessa dalla suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28471 del 29 novembre 2017, viene riconosciuto che l’intimazione di sfratto vale disdetta.

Il caso sottoposto alla disamina della Corte di Cassazione, aveva visto nel precedente giudizio in sede d’appello la conferma della sentenza con cui il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di sfratto per finita locazione di un terreno, proposta dal Comune di L’Aquila nei confronti di una società.

Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, si leggeva che, il Comune, prima della naturale scadenza del contratto, aveva già intimato lo sfratto alla società e tale intimazione rappresentava un’idonea disdetta del contratto stesso.

Non condividendo la sentenza emessa dai Giudici di Appello, la società ricorreva in Cassazione, nell’intento di vedersi accogliere le proprie ragioni.

Gli Ermellini, tuttavia, ricostruita l’intera vicenda processuale, non ritenevano di poter aderire alle ragioni del ricorrente.

Rigettavano così ancora una volta il relativo ricorso.

La Cassazione, compiutamente osservava come la Corte d’Appello, aveva del tutto correttamente ritenuto che l’intimazione di sfratto può contenere la disdetta, in quanto dalla stessa si trae implicitamente, l’inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il contratto.

Nelle proprie motivazioni, la Suprema Corte sottolineava come l’intimazione di sfratto vale disdetta, in quanto attraverso la stessa si dimostra chiaramente come il locatore non abbia intenzione a rinnovare il contratto di locazione.

Per tale ultimo motivo, l’intimazione di sfratto assume a pieno anche valore di una normale disdetta del contratto stesso.

Tale inciso normativo, in tema di intimazione di sfratto disdetta, era stato in passato già espresso in diverse pronunce della Cassazione, tra le più significative si ricordano: la n. 8443 del 1995, la n. 409 del 2006 e la n. 263 del 2011.

A sostegno della tesi che l’intimazione di sfratto vale disdetta, gli Ermellini precisavano che l’atto attraverso cui viene intimato lo sfratto è direttamente riferibile al locatore, in virtù della procura sottoscritta e rilasciata al difensore, posta a margine della citazione.

In conclusione, dunque, alla luce di tutte la considerazioni fin qui esposte, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla società.

Confermava integralmente la sentenza impugnata e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.