Rifiuto incontro genitore : Quando il Minore non Vuole vedere il Padre

Rifiuto incontro genitore : In sede di separazione, il Giudice, oltre a disporre il mantenimento e le condizioni dell’affidamento del minore (solitamente viene privilegiata la forma dell’affido condiviso) con collocamento presso un solo genitore, stabilisce anche il diritto di visita ovvero un calendario in cui il genitore non collocatario potrà stare con il figlio (uno o due giorni della settimana, con solitamente week end alterni).

Succede che molti genitori – per dispetto soprattutto nei confronti dell’altro coniuge – trascurino i propri obblighi, non rispettando i giorni di visita e ignorando completamente il figlio, con gravi ripercussioni psicologiche sullo stesso.

Ma cosa succede se, invece, è il minore stesso – per vari motivi, come per esempio il sentirsi trascurato –  a scegliere di non vedere più il genitore?

Si può costringerlo, in ogni caso, a mantenere i rapporti con il genitore anche contro la sua volontà?

Bene, con sentenza n. 20107 del 07.10.2016 la Corte di Cassazione ha stabilito che se il figlio adolescente si sente trascurato e non vuole vedere/incontrare il padre non può essere costretto o forzato.

E così, se un figlio minorenne si sente offeso, ferito, trascurato o deluso da un genitore, sia i Giudici che i Servizi Sociali possono fare ben poco, se non rispettare la sua volontà senza costrizioni, offrendo comunque un percorso per favorire il riavvicinamento – che deve essere naturale e graduale, oltre che spontaneo – padre figlio

In particolare, gli Ermellini si sono pronunciati su in caso che riguardava un’ adolescente quindicenne che, ferita dal fatto che il padre, dopo la separazione, si era limitato a mandarle alcuni messaggi e a farle sporadiche telefonate, non voleva partecipare a nessun percorso di riavvicinamento promosso dai servizi sociali.

I Giudici del Palazzaccio hanno condiviso la sentenza del Giudice di merito secondo il quale non sarebbe stato opportuno – se non controproducente –  forzare la ragazzina, disponendo che i Servizi Sociali monitorassero la situazione, offrendo il supporto necessario per favorire i rapporti padre-figlia.

Tutto questo, non ci stancheremo mai di ripeterlo, nell’esclusivo e superiore interesse del figlio minore e sulla sua capacità di autodeterminazione.

Costringere ed imporre un percorso terapeutico ad un’adolescente che non vuole o non si sente pronta, sarebbe deleterio oltre che controproducente per l’intero rapporto.