Allontanamento dalla casa coniugale

Allontanamento dalla casa coniugale

Allontanamento dalla casa coniugale. L’allontanamento temporaneo dalla casa coniugale non ne pregiudica l’assegnazione se sussiste l’interesse preminente della prole.

Il Tribunale di Rovereto, con la sentenza n. 180 pubblicata il 12 luglio 2019, ha introdotto un criterio di giustificazione dell’ assegnazione della casa familiare, riguardante  l’interesse dei figli a conservare il loro “habitat domestico”, prevalendo l’aver vissuto altrove per un breve periodo.

Allontanamento dalla casa coniugale Il Tribunale di Rovereto ha accolto la domanda della madre di far “rivivere” l’assegnazione, nonostante lei stessa avesse di sua spontanea volontà abbandonato la casa familiare già da tre anni, assieme a due figlie ancora piccole, che quindi già avevano perso l’abitudine di viverci. Di conseguenza, i giudici di merito hanno disposto per il rientro della madre e delle figlie nella casa stessa, con la contestuale espulsione del padre. Quest’ultimo, per il disturbo di doversi trovare un altro posto dove vivere, è stato gratificato di un piccolo sconto sugli assegni di mantenimento.

 Il Tribunale, ha giustificato la scelta di tale ragione, in quanto le due bimbe erano sì andate a vivere con la mamma in un piccolo appartamento, per scelta della stessa genitrice che intendeva così “mettere fine a una situazione familiare da lei ritenuta insostenibile già dal 2016”. Però, la casa familiare dove il padre era rimasto a vivere da solo non era costituita da un semplice appartamento, bensì da una villa piuttosto ampia e, a giudicare dai costi di mantenimento dedotti dalle parti, anche relativamente lussuosa. Secondo i giudici di merito, dunque, le due bambine avevano subito “una rilevante modifica in peius delle loro consuetudini e del loro stile di vita”, che doveva essere ripristinato indipendentemente dagli accordi pregressi tra i genitori, a seguito del semplice ripensamento della madre. Pertanto, secondo il Tribunale di Rovereto, la ragione per cui la casa familiare deve essere assegnata al genitore che rimane a convivere coi figli è quella di garantire “il loro prioritario interesse a conservare l’habitat familiare ”, inteso non dal punto di vista non della continuità affettiva e di abitudini ma da quello del comfort se non proprio del lusso. A fronte della prevedibile l’obiezione, il Tribunale ha osservato che le stesse “avevano continuato a frequentare con continuità l’abitazione, poiché ivi era rimasto a vivere il padre”. Tanto è bastato a far ritenere sussistente il loro diritto a rientrarvi, mentre l’ipotesi che le bambine potessero ormai avere acquisito nuove abitudini di vita, presso l’abitazione della madre in cui si erano trasferite per volere di quest’ultima, non è stata nemmeno presa in considerazione.

Allontanamento dalla casa coniugale I giudici, per dirimere la questione, hanno preso le mosse dalla disposizione di cui all’art.337 sexies, il quale espressamente stabilisce che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”. Nella scelta dell’assegnazione della casa familiare, come già sottolineato, l’interesse preminente della prole diviene per il giudice criterio guida, che prescinde e supera le esigenze e le volontà degli ex coniugi.

Il Tribunale ha operato nel merito una distinzione di carattere preliminare. “Il volontario allontanamento dalla casa familiare assegnata a un genitore collocatario della prole minorenne”, si legge in motivazione, “è circostanza in fatto diversa dal caso, come quello in esame, in cui l’allontanamento è stato attuato in epoca antecedente alla proposizione del giudizio”.

In altre parole, i giudici hanno ritenuto che il fatto che alcuni componenti della famiglia si fossero, per ragioni di intollerabilità di una serena convivenza, allontanati dalla residenza non pregiudica in alcun modo la successiva assegnazione della casa familiare in capo agli stessi.

In definitiva, proprio perchè l’allontanamento dalla casa era stato determinato da esigenze di tutela della prole, e poichè la villa in cui le figlie erano cresciute costituiva una dimora più spaziosa e ideale per la prosecuzione della loro crescita, il collegio ha ritenuto che la casa coniugale andasse, nell’interesse delle minori, riaffidata alla madre.