Cambio collocazione del figlio: conseguenze sull’assegno di mantenimento

Cambio collocazione del figlio: conseguenze sull’assegno di mantenimento

Cambio collocazione del figlio. L’obbligo di corresponsione del contributo al mantenimento per il figlio persiste anche in caso di successiva collocazione del minore presso il coniuge obbligato. Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 2 luglio 2019, n. 17689 la sottolineando che l’eventuale modifica del regime di collocazione della prole non ha effetto sul contributo al mantenimento. Eventuali fatti sopravvenuti, idonei ad incidere sulle statuizioni patrimoniali contenute nella sentenza di separazione o divorzio, potranno esser fatti valere solo nell’ambito del relativo procedimento di revisione, dinanzi al giudice ordinario, non conseguendo automaticamente ad una diversa pronuncia di altro giudice né a decisione unilaterale dell’obbligato. Nel caso di specie, il Tribunale per i minorenni in un secondo momento, rivedeva la sua valutazione iniziale e decideva di collocare il minore presso il padre, che per tale motivo aveva cessato di versare il predetto assegno di mantenimento. L’ex coniuge si attivava al fine di vedersi corrispondere comunque le somme arretrate. A quel punto, il padre resisteva opponendosi al precetto emesso dalla moglie.

 Cambio collocazione del figlio. Il problema giuridico che viene in rilievo è quello di comprendere se la diversa collocazione del figlio minore faccia venire meno, oppure no, e in automatico, l’obbligo per il coniuge di versare l’assegno di mantenimento inizialmente stabilito. I Giudici di merito hanno sostenuto che le eventuali modifiche della collocazione previste dal Tribunale dei minorenni non incidono in alcun modo sulle disposizioni patrimoniali stabilite dalla sentenza di divorzio. Anche la stessa Cassazione, collocandosi su un medesimo filone interpretativo, afferma innanzitutto come il titolo esecutivo, nell’ambito dei procedimenti in materia di famiglia, viene definito non a caso rebus sic stantibus, per sottolineare proprio la sua precarietà ed eventuale modificabilità nel tempo, al mutare delle circostanze. La rilevanza modificativa degli eventuali fattori sopravvenuti, pertanto, deve essere espressamente accertata da un giudice specializzato e nell’ambito di un procedimento ad hoc.

La diversa collocazione del figlio va intesa, pertanto, come un importante fattore da tenere in considerazione ai fini della modifica delle statuizioni di carattere patrimoniale. Tuttavia, le decisioni in merito all’assegno di mantenimento per il figlio e quelle in punto di collocazione, seppur collegate, rimangono collocate su due piani indipendenti. Questo comporta come conseguenza che l’eventuale mutamento della collocazione del figlio, non incide automaticamente sulla spettanza al coniuge originariamente affidatario del contributo di mantenimento. La Corte rigetta pertanto il ricorso in applicazione del seguente principio di diritto: «in caso di provvedimenti in tema di affidamento o collocazione della prole nell’ambito di procedimenti di separazione personale o scioglimento del matrimonio … la successiva modifica, ad opera del tribunale per i minorenni, del solo regime di collocazione del figlio non ha effetto automatico sulla precedente statuizione di un contributo periodico per il mantenimento del figlio, adottata dal tribunale della separazione o del divorzio, potendo il relativo giudicato, benché peculiare in quanto reso rebus sic stantibus, essere neutralizzato solo col peculiare rimedio previsto dall’ordinamento e consistente nella revisione di cui agli articoli 710 c.p.c. o 9 legge 1 dicembre 1970, n. 898; ne consegue che, in mancanza di attivazione di tale specifica procedura, il genitore debitore di quel contributo resta obbligato in virtù della persistente forza esecutiva del primo provvedimento ed il genitore legittimamente aziona quest’ultimo finché non venga espressamente modificato o revocato all’esito dell’esplicita valutazione, ad opera del solo giudice competente sulla revisione, di ogni altro e elemento per la determinazione della debenza o della misura del contributo».

Per cui nel caso in cui il figlio va a vivere presso il genitore onerato del pagamento dell’assegno, salvo bonario accordo tra i genitori, l’assegno è comunque dovuto fino a che non vi è una pronuncia del Tribunale che disponga diversamente.