Diritto reversibilità coniuge superstite non titolare di assegno

Diritto reversibilità coniuge superstite non titolare di assegno

Diritto reversibilità coniuge superstite non titolare di assegno Con l’ordinanza n. 7464/2019, la Sezione Lavoro della Suprema Corte ha riaffermato il principio secondo cui il coniuge separato ha diritto alla pensione di reversibilità anche se, al momento della morte, non era titolare di assegno di mantenimento a carico del coniuge deceduto.

Diritto reversibilità coniuge superstite non titolare di assegno Nel caso di specie, infatti, tale pronuncia trae origine dal ricorso per Cassazione proposto da una donna, la quale si era vista respingere in entrambi gradi di giudizio la domanda volta ad ottenere il pagamento della pensione di reversibilità del marito, dal quale si era separata. In sede di separazione alla moglie non veniva riconosciuto il diritto all’assegno di mantenimento: proprio sulla base di tale presupposto, per tale motivo, i giudici di merito, in entrambi i gradi di giudizio, avevano ritenuto che non le spettasse alcuna pensione di reversibilità.

La Cassazione, nel riformare la sentenza della Corte d’Appello, ha ricordato la sentenza n. 286/1987 della Corte Costituzionale, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 24 e della L. 18 agosto 1962, n.1357, art. 23, comma 4, nella parte in cui escludono dalla erogazione della pensione di reversibilità il coniuge separato “per colpa” con sentenza passata in giudicato.

Per tali ragioni, la pensione di reversibilità va riconosciuta anche al coniuge separato per colpa o con addebito, equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite (separato o non) e in favore del quale opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte.

Pertanto, eliminata la norma che esclude dalla erogazione della pensione di reversibilità il coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato, tale pensione va riconosciuta anche al coniuge separato per colpa o con addebito. Quest’ultimo è dunque equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite (separato o non) e in favore del quale opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte”.

In definitiva, conclude la Cassazione, “nella legge citata, la ratio della tutela previdenziale è rappresentata dall’intento di porre il coniuge superstite al riparo dall’eventualità dello stato di bisogno, senza che tale stato di bisogno divenga (anche per il coniuge separato per colpa o con addebito) concreto presupposto e condizione della tutela medesima”.